Dalla Sabina “La carezza della memoria” di Carlo Verdone

di Andrea Moiani

Si è tenuta sabato 28 agosto la presentazione del libro “La carezza della memoria”, ultimo lavoro letterario dell’attore e regista romano Carlo Verdone. A presentare il libro  lo stesso Carlo Verdone, da sempre legato alla Sabina e a Cantalupo in Sabina in particolare, al suo fianco, a moderare, il giornalista di Canale 5 Paolo di Lorenzo. A fare da cornice all’evento è stato il Parco Camuccini di Cantalupo in Sabina (RI), dove sono accorsi fan e curiosi provenienti da tutta la provincia. L’evento ha infatti riscosso grande successo, con un numero di presenze forzatamente limitato a causa dell’emergenza sanitaria si è registrato comunque  il tutto esaurito. Tra i presenti anche diverse autorità, dal presidente della Pro Loco di Cantalupo in Sabina Amleto Bonifazi al consigliere comunale alle associazioni e commercio Massimo Boccolucci, al presidente del Circolo Culturale Sabino Luciano Fabrizi. Ha presenziato, inoltre, anche il sindaco di Cantalupo Paolo Rinalduzzi. Ad accompagnare suo fratello Carlo, infine, il regista Luca Verdone.

«E’ una presentazione che faccio molto volentieri perché ormai mi sento quasi cantalupano – dichiara Carlo Verdone all’inizio della presentazione. – Avendo la casa qui mi sento mezzo romano e mezzo sabino e sono molto orgoglioso di questo.»

Il rapporto di Carlo Verdone con la Sabina, infatti, risale alla sua infanzia ed ha le sue radici nell’amicizia che intercorreva tra la sua famiglia e i discendenti del pittore Vincenzo Camuccini. Racconterà più tardi, al termine della presentazione: «I discendenti di Vincenzo Camuccini, soprattutto la baronessa Gabriella Camuccini, erano amici intimi di mia madre. Lei veniva spesso a studiare qui durante la guerra. Credo che il terreno della baronessa e la chiesa che si trova al suo interno ci siano stati regalati, se non venduti a basso costo. Da una lettera che sono riuscito ad avere da un collezionista di lettere antiche si può anche pensare che io sia stato concepito qua. Potrei sbagliarmi, ma è difficile (ride, ndr). Per me, comunque, la Sabina è molto importante, è un luogo pieno di storia. Qui c’erano ville di tanti scrittori latini, ci sono nomi e montagne che riportano alla mitologia. La Sabina è un luogo dove ci sono anima, storia e un silenzio che aiuta. Chi sa apprezzare questo è una persona che ha una sensibilità in più. Questa serie che sto girando (“Vita da Carlo”, ndr) mi ha distrutto fisicamente perché è stato il lavoro più lungo della mia carriera e non c’è stato un giorno in cui non ho recitato. Dopo essere tornato qui mi sono bastati tre giorni per riprendermi e ciò la dice lunga su quanto sia importante per me questo posto.»

Nel corso della lunga chiacchierata con il pubblico e con Paolo di Lorenzo, Carlo Verdone ha parlato della genesi di “La carezza della memoria”, che arriva nove anni dopo “La casa sopra i portici”. Il libro, racconta Verdone, nasce durante il difficile periodo del lockdown e dopo che la chiusura dei cinema aveva impedito l’uscita del suo ultimo film (poi reso disponibile sulla piattaforma Amazon Prime Video).

«Durante il primo giorno di lockdown – racconta – ero al telefono con Sorrentino, con il quale ci stavamo leccando le ferite. Mi disse di come bisognasse capire se il lockdown sarebbe stato un periodo perso o guadagnato e che avremmo dovuto iniziare ad anticipare i nostri futuri lavori, iniziando a scrivere qualcosa per trovarci avvantaggiati. Il giorno dopo non sapevo cosa fare, non avevo alcuna idea su cosa scrivere. Io non scrivo libri per fare soldi:  scrivo solo per offrire al lettore qualcosa d’interessante, non per far ridere il pubblico e basta.»

In quel momento arriva in aiuto “l’oggetto magico”.  «Quel giorno stavo molto male e pensai che fosse il giorno adatto per prendere uno scatolone imballato  nel 2011 dal mio segretario in vista di un trasloco e in cui c’era scritto “oggetti da mettere in ordine. Carlo pensaci te perché io non so dove mettere le mani”. Era talmente pesante che, per via del mio dolore alle gambe, mi cadde a terra. Cadendo, lo scatolone si aprì e sul pavimento si sparsero oggetti come fotografie, agendine, santini, occhiali, chiavi. Ad un certo punto presi una sedia e osservai ogni singolo oggetto, così mi resi conto che ognuno aveva una storia. Il giorno dopo mi misi a lavorare, piano piano ho scelto una ventina di storie riportandole su carta.»

Un libro, quindi, che nasce grazie ai ricordi e al conforto che essi procurano. Nelle sue pagine non ci sono momenti brutti, spiega Verdone, ma una costante ricerca di poesia che il presente sta ormai perdendo. Ma non solo: esso è anche un lungo ringraziamento a tutti i personaggi citati e che hanno avuto un’importanza enorme nel lavoro e nella vita del regista romano. Carlo Verdone riporta con grande commozione l’esempio di Maria F., una prostituta che conobbe quando lui aveva 23 anni e con la quale ebbe un rapporto platonico. Spazio anche ai ricordi familiari e a come suo fratello Luca e sua madre lo spinsero ad intraprendere il mondo della recitazione.

«Ero un intrattenitore di amici, ma ero talmente timido che mai mi sarei sognato di affrontare il pubblico. Nel 1971 mio fratello Luca mi chiese di interpretare il personaggio protagonista per una rappresentazione teatrale della sua compagnia. Io ero titubante, ma ho accettato. Il successo venne quando si ammalarono a turno tre componenti della piccola compagnia. Dissi a luca di non rimandare nulla, perché avevamo 40 persone prenotate. “ti faccio io gli altri personaggi”, gli dissi chiedendo anche di mettermi a disposizione un suggeritore. Qualche giornalista scrisse belle cose su di me e mi incoraggiò, ma non mi convinse del tutto a fare l’attore: il cinema mi interessava come regista di documentari. Se poi ho scelto di fare l’attore lo devo alla mia famiglia.»

Carlo Verdone parla quindi del suo incontro con il regista Enzo Trapani e con Bruno Voglino, che gli proporranno di far parte del cast della trasmissione televisiva “No Stop” grazie alla quale la sua carriera ha il lancio definitivo. Poi, un giorno, arriva la chiamata di Sergio Leone…

Nella parte conclusiva della chiacchierata si sono susseguiti una trattazione sulla situazione del cinema italiano e consigli di Verdone a chi, della nuova generazione, vuole intraprendere la carriera di attore. «Ai giovani direi di avere una preparazione. Non ci si inventa attori: per essere attori si deve amare la gente, guardarla, cercare le loro parti divertenti e comiche (soprattutto delle persone che non sanno di essere comiche). C’è sempre un tic o un difetto che con la tua arte devi sapere ingrandire e poi portare sul teatro o su uno schermo. Devi amare il prossimo ed avere una grande cultura su quello che c’è stato prima e su quello che c’è al momento. Ho paura che ci sarà sempre di più l’abitudine di vedere puntate di una serie TV di 20 o 30 minuti e che un film risulti noioso. Purtroppo ci stiamo avvicinando alla morte del cinematografo, che viene tenuto in vita da un pubblico di mezza età e di un pubblico anziano. Senza una cultura di base, un giovane attore non ha punti di riferimento. Nella mia serie “Vita da Carlo” ci sono molti giovani determinati nello svolgere seriamente il proprio lavoro e questo mi ha dato molto ottimismo per il futuro.»

Una giornata, quindi, piena di aneddoti e di ricordi ma anche di momenti molto profondi. Nel momento del firma copie non sono mancati selfie e autografi, battute e consigli a Carlo Verdone su qualche malanno e su quale medicina è più adeguata per curarlo (ricordiamo della laurea ad honoris causa in medicina conferitagli nel 2007 dall’Università “Federico II” di Napoli). La Sabina, dunque, ha dimostrato di ricambiare l’affetto che Carlo Verdone prova nei confronti di questa terra. Affetto che ha addirittura spinto una ragazza a chiedere come “cimelio” il bicchiere dal quale ha bevuto nel corso della presentazione.

 

 

Author: redazione