E’ uscito da pochi mesi il nuovo libro di poesie di Anna Maria Curci, poetessa nata a Roma, dove vive.
Il titolo, “Insorte”, si presta al gioco di significati: come participio passato del verbo insorgere, parola che ha il sapore della ribellione, ma anche come accettazione (o rassegnazione) di ciò che riserva il destino, la sorte. Le precedenti pubblicazioni della poetessa:
Inciampi e marcapiano (LietoColle 2011), Nuove nomenclature e altre poesie (L’arcolaio 2015), Nei giorni per versi (Arcipelago itaca 2019), Opera incerta (L’arcolaio 2020). Con Insorte, (Il Convivio Editore,2022), sua quinta silloge, le è stato assegnato il secondo posto al Premio per la silloge inedita “Pietro Carrera” 2022.
Tratta proprio dal suo nuovo libro è la poesia
“Di luce che scolora”.
Di luce che scolora
che libera e cattura.
Lungo la strada s’apre
replica alla tristezza.
Lo stupore in agguato
la vince sull’affanno.
Un breve testo intessuto di parole nette, che esprimono concetti immediati. Versi incentrati su verbi (ne conto sei, in sei versi) che rimandano all’ azione, alla forza dell’ agire. Non c’è aggettivo a mitigare o a rafforzare le parole, non serve. Lo stile poetico, infatti, è quello che da sempre appartiene alla Curci, dove versi nudi e forti condensano il significato, il messaggio. Un messaggio composto da “opposizioni”, direi da ossimori figurativi, come è nel titolo del libro che comprende questa poesia.
Si respira una sorta di crescendo, di verso in verso, una freddezza iniziale che piano s’apre, come la luce nei versi, che dapprima scolora, quasi a mitigare, a lenire, e poi che “s’apre” lasciando il posto allo stupore del finale.
Nella chiusa, più che una speranza: la vittoria sull’affanno, sulla fatica del vivere, del comunicare, sulle ferite del mondo. Un concetto molto presente nella poetica della Curci che dà rilievo fondamentale alla forza delle parola, a
alla conoscenza. Nella riconoscenza verso la poesia, aggiungerei io.
