L’archeologo Christian Mauri racconta la Sabina prima dei Sabini. Gli aborigeni e l’età del bronzo

di Andrea Moiani

Se la nostra conoscenza dei Sabini è limitata e avvolta nella leggenda, altrettanto si può dire sui popoli che abitarono l’attuale Provincia di Rieti prima del loro arrivo. Il termine “Aborigeni” fa immediatamente viaggiare il pensiero verso luoghi esotici e verso popolazioni native dell’Oceania (in questo caso la A è minuscola), ma in realtà riguarda qualcosa di molto più vicino a noi di quanto si pensi. Con questo nome si identifica, infatti, la popolazione che si stanziò nell’alto Lazio durante l’Età del Bronzo (1500 a.C. – 1000 a.C.). A parlare di questo popolo, nella sua opera “Antichità Romane” è Dionigi di Alicarnasso, storico greco vissuto del secolo I a.C. Egli, inoltre, elenca una serie di città che scorrevano lungo la Salaria fino alla zona del Cicolano, passando per la Bassa Sabina.

Il libro “La Sabina prima dei Sabini. Gli Aborigeni e l’età del bronzo” dell’archeologo Christian Mauri è un tentativo di dare nuova luce agli scritti di Dionigi e di identificare siti che la storiografia e la tradizione collocano in tutt’altra zona geografica. L’opera è il frutto di tre intensi anni di studi e ricerche che hanno permesso a Christian Mauri di tracciare quattro distinti itinerari che da Rieti arrivano rispettivamente all’interno della Sabina, al Lago Piediluco, al Cicolano ed Amatrice. Lungo questi itinerari possiamo (ri)scoprire strutture a volte nascoste nella boscaglia, a volte superficialmente ignorate ma che in realtà risultano essere tesori inestimabili dal punto di vista storico-archeologico.

Abbiamo parlato di tutto ciò con l’autore Christian Mauri, laureato in Archeologia presso la Sapienza. Tra le sue opere precedenti ricordiamo “La civita medievale di Lanuvio” e “Cecchina archeologica” editi da Aracne Editori oltre a studi ed articoli sulla zona dei Castelli Romani.

 

Da dove nasce lo spunto per questa ricerca?

“L’idea è nata casualmente nel 2008 durante una ricerca che stavo svolgendo ai Castelli Romani. Sfogliando tra le opere di Dionigi di Alicarnasso ho trovato un passo dove parla della Sabina prima dell’arrivo dei Sabini e quindi prima dell’età del ferro (secolo X a.C.) Da queste pagine ho appreso che la Sabina era abitata dal popolo degli Aborigeni (non quelli australiani). Mi ha sorpreso particolarmente come Dionigi riporti le distanze in stadi tra una città e un’altra riportando anche i loro nomi. Mi è dunque venuto il dubbio su come fosse stato possibile che nessuno abbia mai localizzato questi siti.”

 

Ricerche che sono state fatte, ma riportando errori di calcolo…

“Più che errore di calcolo possiamo parlare di malinteso. Gli archeologi dell’Ottocento ritrovarono in tutta la provincia di Rieti delle opere poligonali pensando che fossero le città degli Aborigeni. In quel periodo c’era grande fervore attorno a queste scoperte, perché è il periodo nel quale Heinrich Schliemann scoprì i resti di Micene, effettivamente risalenti al 1300 a.C. Gli archeologi dunque datarono a quel periodo anche le strutture trovate in Sabina, che in realtà sono più tarde. È stato un errore compiuto bonariamente e che possiamo perdonare, perché nell’Ottocento l’archeologia era in uno stato embrionale e gli errori erano normali.”

 

Quanto è durata la ricerca?

“Tanto: un paio danni per reperire il materiale bibliografico e un anno abbondante per la ricerca sul campo con l’analisi del territorio. Basandomi sulla segnalazione degli archeologi dell’Ottocento sono andato sul posto per vedere e le ho trovate in discreto stato di conservazione”.

 

Parlando di bibliografia: quali sono stati i riferimenti bibliografici principali contemporanei ed antichi?

“Tra i contemporanei ci sono Gian Luigi Carancini e Giorgio Filippi. Tra gli antichi, invece, Dionigi di Alicarnasso e Varrone. L’opera di Varrone, purtroppo, è andata perduta ma ci viene riportata dallo stesso Dionigi in qualche pagina. È un peccato che non sia stata approfondita ulteriormente, perché ci avrebbe dato qualche preziosissima informazione in più sul popolo dei Sabini”.

 

Quali difficoltà tecniche e bibliografiche hai riscontrato nella ricerca?

“Ho effettuato le ricerche “con i piedi di piombo”: prima di mandarla ho voluto essere sicuro di avere scritto tutto correttamente, per cui l’ho sottoposta alla soprintendenza dell’epoca la quale ha apportato alcune correzioni e mi ha dato alcuni consigli. I problemi sono stati anche economici, per il reperimento dei fondi per la pubblicazione. Per quanto riguarda la parte più “tecnica” non ho avuto particolari difficoltà, perché molte di queste murature sono perfettamente conservate ed è necessario solamente andare sul posto. L’unica difficoltà è stata raggiungerle, ma una volta arrivati lì sono facilmente fruibili: non ci sono fili spinati, divieti o proprietà private. Sarebbe interessante poter organizzare escursioni o guide turistiche anche per pulire la zona”.

 

Com’è stato il supporto degli abitanti della zona e delle amministrazioni locali?

“Dipende dai comuni, ma comunque in genere è stato molto buono. Nel 2019 ho tenuto un convegno a Poggio Mirteto organizzato dall’Associazione Culturale “Amici del Museo” e la partecipazione è stata altissima. Più recentemente ho fatto una videoconferenza da Orvinio, perché quella odierna non ha nulla a che fare con quella antica, che io localizzo a Montopoli in Sabina”.

 

Qual è stato il sito archeologico che reputi più interessante tra quelli che hai preso in analisi?

“Forse è proprio quello in cui identifico l’antica Orvinium, ossia la zona tra Montopoli in Sabina e Poggio Mirteto. Qui esiste un patrimonio incredibile: ci sono un tumulo (probabilmente) funerario situato nella frazione di Colonnetta e due strutture in opere poligonali a Grotte di Torri e Castellaccio. Quest’ultime vengono interpretate come ville, ma secondo me sono due santuari. Inoltre ci sono una serie di necropoli disposte a raggiera intorno al centro principale a Volpignano, località di Montopoli in Sabina. Dionigi ci racconta che Orvinium era la il centro più importante degli Aborigeni e possiamo confermarlo andando a localizzare i ritrovamenti archeologici”.

 

Degli studi più approfonditi potrebbero quindi riscrivere la storia pre-romana…

“Più che di “riscrivere” parlerei proprio di “scrivere”, perché è una fase storica completamente ignorata: si parla sempre dei Sabini e dei Romani e quasi mai dell’Età del Bronzo. È una fase storica che va presa in considerazione e che andrebbe pubblicizzata”.

 

Cosa auspichi nei confronti di questa ricerca?

“L’importante è che venga pubblicizzata e che questa “fetta storica” della Sabina divenga nota e vada ad integrarsi con quello che già sappiamo sui Sabini dalla fase pre-romana in poi. Mi auguro inoltre che possa essere un punto di partenza per ricerche ed approfondimenti futuri”.

 

La Sabina prima dei Sabini. Gli Aborigeni e l’età del Bronzo” è edito da Aracne Editori ed è stato pubblicato nell’ottobre 2018.

 

Author: redazione