Al Creative Lab di Monterotondo un viaggio profondo nelle strade di Pasolini

Un viaggio nel suo mondo, certo, a patto che di un solo mondo si possa parlare per Pasolini. Il suo percorso si avvicina all’infinitudine bruniana di universi et mondi, il che non è detto costituisca un male, perché si collega non solo a quella catastrofe teorizzata come salto di discontinuità da Thom nell’ormai lontano 1972, ma anche con l’imprevedibilità e alla parzialità dello sguardo nel principio di indeterminazione di Heisenberg.

Questo vuol dire che sia lo sguardo pasoliniano, sia quello, a quasi cinquant’anni di distanza, di noi osservatori contemporanei a questo preciso e fuggevole oggi, conosce le distorsioni del punto di osservazione e di elaborazione, e non è un caso che l’ultimo Pasolini sia stato assai critico verso alcune sue precedenti prese di posizione. Questa complessità è divenuta coraggiosamente pièce teatrale –“Io so. Un viaggio nel mondo di Pasolini”- per opera di WM edizioni e della associazione culturale  Writer Monkey APs in collaborazione con la libreria CartaCanta e con il finanziamento della Regione Lazio, condotta da Nicoletta Nicolai.

E mai luogo è stato più adatto della zona industriale di Monterotondo, in una domenica sera[1]: la rappresentazione del vuoto notturno immerso nelle forti luci che circondano edifici di giorno popolati di macchine, autotreni, operai, impiegati, camionisti, suoni meccanici e umani, aperture, chiusure, incontri, contratti, rimanda per forza di cose ad alcune allucinate e stranianti -pur nella loro essenziale realtà urbana- scene non solo filmiche ma anche vissute dal Pasolini persona, compresa quella finale.

L’elemento straniante, favorito dall’immagine notturna e assente del luogo è stato di per sé, dunque, il primo step di un intero incontro di metateatro in cui in un sistema di scatole cinesi il dialogo tra Furio Colombo e lo scrittore-regista, impersonati da Agostino Franchi e Franco Morelli, pochi giorni prima del ritrovamento del suo corpo all’idroscalo, è inserito dentro la lettura di fonti pasoliniane, con la voce di Pino Chisari, Pier Paolo Buzzacconi, Silvia Cozzi, Nicoletta Nicolai, Paola Calizza tratte da diversi suoi libri, a loro volta inserite in un procedimento al di fuori dei rigidi obsoleti confini disciplinari nell’elemento musicale eseguito da Franco Tinto alla chitarra e dalla voce di Anna Boccolini, che a loro volta hanno riportato alla luce della memoria la straordinaria avventura del Totò burattino gettato da Modugno nella discarica. Un Modugno che in questo episodio intitolato “Che cosa sono le nuvole” canta la canzone omonima scritta da Pasolini stesso, regista dell’episodio, ispirata a sua volta al teatro di Shakespeare, per la fattispecie all’Otello.  

Come si vede non colte teorizzazioni di teatro nel teatro, ma allusione alla disarmante, complessa, semplicità della vita, e non è un caso che Montale pensasse a Pasolini come un ossimoro permanente: ma sarebbe troppo facile ricorrere alla figura retorica dell’ossimoro come una semplice contiguità spaziale di termini opposti e non ad una più profonda intuizione che opposizione potrebbe significare confronto di forme apparenti, e reale, essenziale mescidazione di tutto ciò che è vita, spirito, materia, forma, essenza.

Le letture di alcune poesie e brani di saggi di Pasolini hanno fatto da cornice circolare, fluida, coesa, al dialogo Furio Colombo-Pier Paolo, all’espressione musicale, come abbiamo detto legata al Pasolini regista, alla visione politica e ideologica dalla quale scaturisce quel titolo di “Io so”: per stessa ammissione dello scrittore, alle sue convinzioni sulle stragi, sulla strategia della tensione, mancavano le prove. Questo rovello riporta, e qui il circolo si chiude, all’ossimoro archetipico, quello tra mondo e individuo pensante, oltre che sensiente.

Un’operazione di grande spessore etico, fuori dalle sirene ideologiche e dalle autoconvinzioni gridate in questa contemporanea mostra mediatica di un sé autoreferenziale e effimero, in cui attori, lettori, musicisti e l’attenta regia hanno offerto il ritorno del senso, fosse anche quello del riconoscimento dell’apparente non senso di alcuni eventi. Cosa tra le più difficili nell’oggi del carpe diem e quello che deve accadere dopo accada.

 

 19 febbraio, al Creative Lab di via Albert Einstein.

MT

Author: redazione