Sono stati rilasciati i dati relativi alla valutazione delle strutture ospedaliere nel 2019. La Dirigenza della Asl di Rieti esprime – giustamente – soddisfazione per il miglioramento della qualità di diverse aree mediche; in realtà, il comunicato stampa della ASL omette alcune aree che invece hanno visto un peggioramento.
Tralasciando aspetti di completezza della comunicazione istituzionale, ed esprimendo comunque soddisfazione per l’incremento qualitativo, NOME intende sottolineare un ulteriore fattore positivo, non evidenziato: l’incremento sensibile, dopo anni di decrescita, dei volumi di attività (ambulatoriale e in regime di ricovero) a cui speriamo possa corrispondere una diminuzione della mobilità passiva. Parliamo di volumi di attività che rimangono, tuttavia, inferiori del 20% rispetto al 2010.
In particolare, i volumi di attività chirurgica, generale ed oncologica, in regime di ricovero continuano a rappresentare solo il 2,4% e l’1,7% della attività ospedaliera complessiva (pur con eccellenti risultati in termini di qualità).
Ciò detto, quello che interessa indagare è una indicazione di prospettiva, considerando che, comunque, i dati del 2019 sono una rondine che non farà primavera, vista la pandemia che dal 2020 rimescolerà tutte le carte in tavola.
NOME Officina Politica si chiede: le cicatrici lasciate da Covid19 saranno il seme per un rilancio della sanità e dei servizi socio assistenziali di Rieti? Si parla tanto di medicina territoriale: sarà il modello che ridisegnerà un servizio sanitario pubblico a misura del nostro territorio?
Ad esempio, il decreto Rilancio, con 1,26 miliardi di euro, lascia immaginare nella figura dell’infermiere di famiglia un ruolo fondamentale per supportare le Unità speciali di continuità assistenziale (USCA) nate per “seguire” i servizi di assistenza domiciliare, con previsione di 9.600 nuove unità di personale infermieristico, da destinare a servizi di assistenza domiciliare.
E Rieti? Cominciamo a dire che le USCA non sono mai state attivate, come denunciato da Sindacati e medici di base.
Comunque, una stima elaborata da il sole 24 Ore sulle possibili assunzioni prevede per Rieti solo 25 nuovi contratti di lavoro. Peraltro, l’attuazione del piano è demandata alle Regioni a cui è affidato il compito di riorganizzare e potenziare la rete di sorveglianza e le cure domiciliari. Su questo aspetto di interlocuzione con la Regione la politica locale dovrebbe dire la sua, se ne è in grado.
Per nostro conto, siamo andati a elaborare i dati, in particolare l’attuale disponibilità di infermieri professionali del SSN in forza presso la Provincia di Rieti, in confronto ad altre realtà.
Rieti risulta tra le province con minore dotazione pro-capite di infermieri dipendenti pubblici; il confronto con altre province con meno di 250.000 abitanti è ancor più impietoso: su 26 province, solo 2 hanno un inferiore numero di dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale.
In conclusione: quello che occorre a Rieti, non è (solo) una attività di reportistica. Quello che necessita è progettualità, visione, capacità che si genera anche dal territorio, a partire dal Palazzo comunale, attraverso il coinvolgimento delle associazioni, che trovi nella Azienda Sanitaria un interlocutore, una cassa di risonanza, in grado saper rilevare le particolarità di un territorio che se non evidenziate con forza, porteranno a ripercorrere gli stessi, errati schemi di una politica regionale romanocentrica, quale che sia l’interlocuzione partitica del momento.