Il Polo di Passo Corese penalizzerà e marginalizzerà la Sabina interna

passo-coreseHo cercato per decenni di stimolare con Mondo Sabino un dibattito sulla realtà della Sabina tra le componenti politiche e sociali di casa nostra, ma non ci sono mai riuscito. Da noi non si dibatte. I cosiddetti politici amano fare comunicati stampa, e da poco fanno qualche affermazione ad effetto sui social. Lo stesso i rappresentanti di tutte le altre sigle e associazioni culturali o meno. Se si organizza un dibattito su un argomento che interessi l’economia, la politica, i servizi ecc..vi partecipano solo gli organizzatori e qualche sporadico avventore, ma mai vedi partecipare ad esempio i consiglieri comunali impegnati nella amministrazione dei 72 comuni delle provincia. A loro non interessa. Né vedi partecipare rappresentanti delle tante organizzazioni che rappresentano le varie componenti della società reatina. Ognuno vive chiuso nel suo guscio e si muove solo quando si parla di se o di quello che si fa nel proprio orticello. Le idee non circolano e la mancanza di circolazione le “impuzzonisce”, come l’aria di una stanza nella quale non si aprono mai le finestre.

Questa situazione ha reso il nostro territorio sterile. La politica non parla all’economia, la cultura vive solo tra addetti ai lavori, le organizzazioni sociali parlano solo ai loro iscritti, i dirigenti di enti che potrebbero avere molta importanza per lo sviluppo socio-economico preferiscono autocelebrarsi, piuttosto che misurarsi con le idee degli altri. Insomma si è creato un maledetto circolo chiuso che ha avuto come conseguenza l’uscita della Sabina dal processo di sviluppo nazionale con i  risultati deleteri che sono sotto gli occhi di tutti. Tutti quelli che contano appena un po’ non vogliono intorno  a sé gente che pensa perché non vogliono essere disturbati.

In trenta anni di giornalismo non sono riuscito a coinvolgere e stimolare al dibattito nessuno. Tutti volevano e vogliono solo che gli si faccia um…pà…pà. Lo esigono tutti; o sei un loro corifeo o sei un nemico, soprattutto se cerchi di essere obiettivo perché dicendo verità scomode metti a nudo la loro pochezza mentale ed operativa.

Con questo libro un giovane proveniente dalle file della cultura di destra ha dato vita ad un nuovo esperimento giornalistico. Li ha intervistati tutti allo scopo di fare il punto della situazione e di verificare se esistono le condizioni perché la politica sabina si possa stimolare con delle SFIDE nuove che guardino al futuro. Il sottotitolo del libro recita: “Il futuro del territorio reatino raccontato dai protagonisti”.

Alla presentazione del libro, contrariamente al solito, c’erano tutti. Talmente tutti che la biblioteca Paronaina è stata messa a dura prova di resistenza alla ressa scatenata dagli interessati, venuti tutti a sentirsi protagonisti non per capire quali fossero le necessità politiche del territorio.  Potrebbe dirsi un bel colpo del giovane Marco che ha inventato una forma nuova per far si che i nostri rappresentanti della politica locale sentano il desiderio di stare insieme. Ma servirà a qualche cosa?

Fuggetta è partito da un punto di vista condivisibile: basta di parlarci addosso, pensiamo al futuro con ottimismo. Così le sue domande più che al passato, che comunque riemerge in ogni riga del libro, sembrano guardare al futuro.

Lo scopo delle interviste , dichiara nella conclusione del suo libro, era quello di dare spazio alla politica locale al di là della striminzita cronaca nella quale è confinata dalla stampa giornaliera che per sua natura non dispone degli spazi necessari per veri approfondimenti.

Un lavoro di questo genere, per essere però produttivo di effetti, dovrebbe però avere un seguito. Dovrebbe aprire una attenta riflessione sulla realtà descritta dalle varie interviste. Diversamente rimarrà fine a se stesso e andrà ad irrobustire la lunga serie di lamentele e proclami senza alcun effetto pratico, come è stato fino ad oggi.

Le risposte date dai vari protagonisti che operano su territorio non possono costituire di per se stesse delle sfide. Prendiamo il capitolo dell’economia. L’intervista del presidente dell’ASI è una autocelebrazione di se stesso. Ferroni dirige il Nucleo industriale, poi diventato ASI, da oltre vent’anni. In questi vent’anni l’industria  in Sabina si è ridotta al lumicino, tutto questo per Ferroni è come se non fosse avvenuto. Il fallimento del Nucleo industriale è colpa del destino.Egli ritiene l’ASI immune da responsabilità perché ha dato il via ad un nuovo corso riducendo le aree industriali a tre soltanto e imboccando la via del Polo Logistico di Passo Corese. Per Ferroni la scelta di trasformare l’area di un parco archeologico voluto dalla Regione Lazio, in zona dove costruire capannoni di cemento armato e tante case come permette la variante del progetto approvata a suo tempo, che ne stravolgeranno la destinazione per almeno cento anni, è una vittoria.

Questa trasformazione è stata possibile perché Ferroni è stato l’interprete di un accordo sotterraneo fra destra e sinistra che hanno fatto finta di contrapporsi per un ventennio. Lo stesso Ferroni, esponente comunista formatosi alle Frattocchie e uomo del centro sinistra dalla seconda metà degli anni settanta in poi, fu riconfermato nel 1994 alla guida del Nucleo con il voto di Cicchetti, il primo sindaco reatino di destra eletto nell’era repubblicana. E ancora è stata possibile perché sulla stessa linea si è schierato in sindaco di Fara Sabina, Basilicata, anche Lui espressione della destra sabina.

Costoro sostengono di aver agito cooperando nel superiore interesse della collettività Sabina mettendo da parte la provenienza ideologica e la differenza di cultura politica.

Ma la cultura politica è il substrato necessario perché possano essere elaborate scelte politiche coerenti. La cultura di sinistra, laica e ambientalista aveva scelto con una delibera regionale di destinare l’area del Polo logistico di Fara Sabina a Parco archeologico. Ferroni all’epoca era assessore alla provincia di Rieti del centro-sinistra. La delibera regionale di annullamento del Parco archeologico è stata presa da un Giunta presieduta da un presidente che tutt’ora si definisce fascista. La realizzazione concreta dell’una o dell’altra avrebbe portato lo sviluppo della Sabina verso direzioni molto diverse tra di loro. E’ sicuro Ferroni che la scelta fatta successivamente, in contrapposizione a quella originaria fatta da politici di cultura politica a quell’epoca da lui condivisa, sia quella giusta? O è profondamente pentito di essere stato quello che è stato fino al 1994? Se è così dovrebbe dirlo, così almeno i sabini capiranno un po’ meglio di che pasta sono fatti gli uomini pubblici sabini.

Per Ferroni la Sfida proposta dal titolo del libro di Fuggetta è stata già consumata. Infatti non di sfida si tratta, bensì di scelta basata sull’opportunismo di facciata per presunti posti di lavoro. Il lavoro, questo oggetto misterioso che una politica nazionale dissennata ha ridotto ad essere invocato come quando si invoca la pioggia che non si vede da mesi! Nelle civiltà che noi chiamiamo primitive l’invocazione veniva fatta dagli stregoni! A me pare che più che una sfida siamo in presenza di una invocazione fideista, come una delle tante che ricorrono senza risultati concreti da quando il nucleo industriale è andato in crisi.

Inoltre Ferroni fa finta di ignorare che la scelta fatta nel nome di questo presunto lavoro avrà delle conseguenze pesanti sul resto della provincia di Rieti in particolare su quel che resta del Nucleo industriale di Rieti-Cittaducale.

Amazon è venuta a Rieti non perché pensi di ricevere ordinazioni dei suoi prodotti dai reatini delle aree interne, bensì da Roma, come del resto afferma lo stesso Ferroni quando dice di aver intuito che su quell’area l’interesse di Amazon sarebbe stato attratto dalla vicinanza della capitale; né per vendere i prodotti di un Nucleo industriale reatino che non produce più niente per il mercato interno.

La conseguenza è che quel Polo marginalizza sempre di più la Sabina interna, ed in particolare la città di Rieti, mettendola al servizio delle esigenze della capitale e rinunciando ad una specificità del suo sviluppo.

Queste sono considerazioni così ovvie, che contestarle significa essere in mala fede.

Che ne pensano tutti coloro che si occupano di politica? Che ne pensano i sindacalisti reatini? Che ne pensano gli artigiani, i commercianti, la città nel suo complesso?

Una decisione del genere è stata presa da poche persone nel chiuso del cerchio di coloro che prendevano decisioni dentro all’ASI in combutta tra sinistra e destra. Questa è la realtà delle cose di casa nostra.

Per capire meglio il discorso andrebbe ora spostato sull’Area industriale del reatino. Ma mi sovviene che sto scrivendo un articolo di giornale, e non posso abusare della pazienza dei miei lettori così non mi resta altro che promettere un seguito.

Tornerò presto sulle SFIDE di Marco con una serie di interventi perché ritengo che, se quanto affermato nella passerella delle interviste rimarrà lettera morta, a nulla sarà servita la fatica di questo giovane al quale esprimo la mia gratitudine per aver comunque aperto una finestra sul nostro misero palcoscenico. (Continua)

Author: redazione