Il Covid 19 si può curare ma somministrando subito la terapia: il protocollo di Fabrizio Farese

di Maria Grazia Di Mario

Mentre ancora si parla di protocolli per la terapia domiciliare e di indicazioni terapeutiche c’è  chi, nell’assoluto silenzio delle istituzioni, ha iniziato un suo percorso che sta dando risultati sul campo, attivando un protocollo per la cura a domicilio dei pazienti in grado di evitare le ospedalizzazioni e salvare vite. E’ il cammino virtuoso di Fabrizio Farese,  medico condotto di Montenero, paesino che si trova nella provincia di Rieti. Ad aiutarlo nel prendere una decisione coraggiosa l’età della popolazione media dei suoi pazienti, molti dei quali anziani, ma anche il bisogno di salvaguardare se stesso e la sua famiglia dal Covid 19.

Farese ha una lunga esperienza alle spalle (si laurea in medicina nel 1981) e specializzazioni in omotossicologia ed agopuntura che lo hanno fatto diventare un  punto riferimento, non solo per i suoi 450 mutuati, ma per altri pazienti sia del territorio, che provenienti da diverse zone d’Italia.

“In realtà avevo già notato strane polmoniti bilaterali nel corso del 2019, ben prima cioè dello scoppiare della emergenza, brutte polmoniti che ho curato tutte con il buon senso, gli insegnamenti ricevuti durante il percorso di studi universitari e l’esperienza in campo medico. Scoppiata la pandemia il mio approccio terapeutico non è cambiato – ci racconta – Diciamo che la mia è una situazione un po’ strana, contrariamente alla maggior parte dei colleghi,  ho aderito, nei giorni scorsi, alla proposta di fare tamponi rapidi che ci pagherà la Asl e che non sono ancora arrivati, anche perché, da circa un mese,  mi ero già attrezzato da solo, acquistando  test antigenici ed  effettuandoli su alcuni dei miei pazienti. Oltre ai test indicati eseguo anche i sierologici. La ragione che mi ha spinto ad anticipare l’iniziativa della Azienda Sanitaria Locale è semplice, mi trovo in una situazione particolare, mia madre è avanti con gli anni, analogamente ai miei mutuati. Anche a Montenero si è registrato qualche caso di positività, di solito figli o infermieri di supporto a queste persone anziane, le quali  mi hanno espresso tutta la loro preoccupazione, così mi son detto, per sicurezza acquisto l’occorrente per effettuare i test e glieli faccio io. La notizia è arrivata poi ad altre persone del territorio che hanno iniziato a contattarmi, per tale ragione ho dato il mio benestare, per garantire un servizio il più efficiente possibile”.

Qual è la percentuale di medici che ha aderito?

“Solo il 10 %, molti hanno paura, io devo dirti la verità, sono da sempre sul campo di battaglia, prendo le mie precauzioni, ma non mi tiro indietro. Ripeto, ho fatto i tamponi rapidi e i test sierologici di mia iniziativa”.

Come medico di base come sta vivendo questa fase?

“Molto stressata perché la gente sta uscendo fuori di testa dal punto di vista anche psicologico. Tutti sono ansiosi, depressi, non ne possono più e quindi mi chiamano continuamente per consigli,  stupidaggini, hanno il terrore di essersi contagiati pure con le briciole”.

Quindi sono molte le persone che telefonano perché sono in ansia?

“Esatto, hanno crisi di panico, la notte non dormono, l’insonnia è aumentata, alcuni piangono, molti sono iper stressati, hanno paura di tutto”.

Quali sono le preoccupazioni maggiori.

“Di contagiarsi e contagiare i propri cari”.

Le fobie più ricorrenti.

“La domanda frequente è la seguente ‘ho saputo (che poi è tutto per sentito dire) che quella persona è in quarantena perché avrebbe avuto dei contatti con positivi, ma l’ho incontrata anche io, cosa devo fare?  Altro esempio: ad un mutuato ho fatto il tampone ed era negativo,  poi è andato dal barbiere diventato successivamente positivo, così è entrato in uno stato di panico e vuole che sottoponga a tamponi  tutta la famiglia anche perché  la moglie è malata, quindi ha molta paura”.

Può spiegare bene come funziona l’approccio con questo tipo di malati, se un paziente la chiama ….

“Lo sottopongo a test, escludendo ragioni di tipo fobico”.

Sono emersi parecchi positivi?

“Sì, col sierologico anche persone che hanno avuto contatto col virus e non sono più infettive, che conservano gli anticorpi  IgG, c’è  gente però che ha anche gli IgM e dunque in questo caso faccio fare subito il tampone molecolare, nei vari luoghi indicati dalle Asl”.

Ma poi gli anticorpi durano?

“Ti devo dire che ho visto molte incongruenze, ti faccio un esempio. Una mia paziente, venuta dall’Ucraina aveva la febbre e si sentiva piuttosto male, le ho consigliato di andare a fare un tampone molecolare che ha dato esito negativo. Dopo un po’ di tempo, venendo da me per altre patologie e sapendo che avevo iniziato a fare test,  mi ha chiesto un sierologico, così abbiamo scoperto che ha gli IgG, ossia gli anticorpi che ti dicono che hai  superato la malattia, quindi un mese fa aveva proprio il coronavirus e il tampone molecolare o è stato fatto male, o è stato fatto troppo presto, ma non l’ha evidenziato. Quanto rimangano efficaci gli anticorpi non si sa. Ci sono malattie che producono una autoimmunità permanente, questo è un virus nuovo e non lo sa nessuno, nemmeno i virologi che, come vediamo, si contraddicono spesso  tra di loro”.

A voi medici di base hanno fornito Dm e Dpi, inclusi camici?

“Sì, ma sono terminati da tempo, noi dobbiamo usare camici monouso, figuriamoci! Oltre alle mascherine indosso la visiera, i guanti, il camice usa e getta, li ho comperati per conto mio e basta. Io sono così, mi organizzo molto da solo”.

E’ vero che non avete ricevuto dalla Regione, o dal Ministero della Salute, alcun  protocollo medico?

“No, me lo sono creato da solo, leggendo di qua e di là, documentandomi. A me non è arrivato nessun protocollo”.

Mi sembra di aver capito che ci sono vari stadi di patologia, ci sono persone che non hanno sintomi, poi c’è chi ha qualche sintomo e chi  va a finire in rianimazione.

“Il 70 per cento degli individui è asintomatico, il 10 % è sintomatico, ma gestibile”.

Che tipo di sintomi, in tal caso.

“Tosse, raffreddore, qualcuno ha rinite, alcuni hanno alterazioni nel sapore e parecchi disturbi gastrointestinali, anche febbre uno o due giorni,  leggera. Poi ci sono quelli che hanno febbri alte con problemi respiratori seri e che sviluppano una  polmonite interstiziale e sono casi più gravi”.

Parliamo dei  casi più gravi , è vero che non si può somministrare nulla fino a che non si ha un abbassamento di ossigeno nel sangue?

”Ci sono persone che hanno la febbre 1 o 2 giorni e poi sparisce, c’è chi invece  che ha febbre ingravescente che comincia piano e va a crescere, poi  disturbi respiratori che diventano più gravi e quelli li devi trattare”.

E lei come li tratta?

“Questa patologia non è venuta fuori a dicembre 2019, o gennaio 2020, già nel 2019 mi sono trovato a dover curare molte broncopolmoniti interstiziali, testimoniate da accertamenti diagnostici, le ho trattate come mi avevano insegnato nell’università, con un antibiotico di copertura, il cortisone e l’eparina, per evitare la coagulazione diffusa che si viene a formare e nel covid molti sintomi pare siano legati a questa problematica, ai trombi che si formano dentro le arterie, eventualmente aggiungo la tachipirina per abbassare la febbre, se ce l’hanno alta”.

A che stadio della malattia?

“Quando mi accorgo dal test che sono positivi questo protocollo lo faccio a tutti”.

Subito?

“Sì, gli do l’antibiotico, la tachipirina se hanno la febbre alta, il cortisone e la calciparina, se sono immobili a letto”.

Gli fa il tampone  e se sono positivi, con la febbre alta, li sottopone immediatamente a questa terapia?

“E certo! Bisogna cominciare subito”.

Ecco, questo è importante perché tanti  arrivano  in ospedale tardi, con giorni di febbre alle spalle.

“Certo e poi si aggravano, a me finora non è morto nessuno. Io li ho trattati fin dall’inizio e come pazienti veri. Se invece i medici non vanno a domicilio per  paura, se non ti seguono più, se ti fanno le ricette solo online e ti spingono ad andare in Pronto Soccorso vediamo i risultati. Ma cosa si aspetta! Non si deve aspettare niente”.

Quindi va fatto il test antigenico veloce subito.

“Certamente, anche il tampone e l’esame sierologico, va fatta una diagnosi seria e tempestiva, ma poi devi iniziare subito la terapia, usando questi farmaci che sono i vecchi farmaci utilizzati per le polmoniti interstiziali.”

Gli antivirali invece si somministrano solo in ospedale?

“Sì, quello considerato finora efficace (il remdesivir) lo usano solo in ospedale, gli altri sembra non siano utili. Ritengo necessario anche puntare sulla prevenzione. Ai mutuati sto consigliando una prevenzione naturale, che faccio io stesso e faccio fare a tutta la mia famiglia. Dato che sono esperto  in medicina biologica, consiglio ad esempio l’echinacea, o altri prodotti naturali che lavorano a livello immunitario,  per aumentare le difese”.

La vaccinazione influenzale e quella per lo pneumococco aiutano?

“Relativamente, più che altro si consigliano perché, avendo escluso l’influenza, è più facile individuare tempestivamente i casi di coronavirus. Il vaccino per la polmonite da pneumococco lo vedo meno utile, perché molte polmoniti sono provocate da numerosi altri germi!”.

Dunque non è necessario.

“No, se hai problemi di enfisema ed altre problematiche va bene, altrimenti si rischia di sovraccaricare il sistema immunitario e basta”.

Alle persone anziane, che non si sono mai vaccinate,  cosa consiglia?

“Di non farsi somministrare il vaccino più forte ma il più leggero e non adiuvato con l’uovo, per evitare possibili reazioni allergiche”.

Chi ha delle autoimmunità e allergie respiratorie rischia di più con il coronavirus?

“A maggior ragione, in questi casi, il cortisone bisogna somministrarlo subito”.

Cosa è che non sta funzionando a Rieti, sembra che la Asl non abbia rapporti con i medici di base, ma nemmeno la Regione e il Governo.

“E’ proprio così, io mi sto basando sulla scienza e coscienza mia. Ho fatto tutto quello che è giusto fare ma non ho avuto nessuna direttiva, né sostegno”.

Nel corso della prima ondata responsabili dalla Regione dissero che avrebbero attivato le squadre Usca, oltre ad una formazione specifica per  medici ed infermieri.

“Non hanno fatto niente. E’ vero però che esiste anche un rifiuto, un muro,  da parte di tanti colleghi, io so di persone che vengono da me, nell’ambito della mia attività privata, perché i medici di riferimento, da quando è scoppiata l’epidemia, non hanno più fatto ambulatorio, inviano solo ricette online”.

Molti dei suoi colleghi  non visitano e non somministrano farmaci, perché dicono di non avere un  protocollo.

“Ho capito! Ma come medico hai fatto il Giuramento di Ippocrate e devi curare le persone, ma come si fa a ragionare in questo modo? Ma che stiamo scherzando? Io in questa fase emergenziale ho curato i miei pazienti in tutti i modi. Non ti puoi esimere, se fai una guerra e sei il generale non puoi mandare avanti solo i soldati, sei in guerra pure tu, non ti puoi tirare indietro”.

Secondo lei la Asl, per quanto riguarda la provincia di Rieti dove i contagi sembrano aumentare  di parecchio, dà dei dati attendibili? Tra l’altro in questi giorni sono diversi gli anziani che muoiono nel Pronto Soccorso.

“Non saprei dirlo, non sta a me giudicare. Io sono isolato, tutto quello che ho fatto l’ho fatto di mia iniziativa, a me la Asl non mi ha comunicato proprio nulla”.

Lei però non ha avuto nessun suo paziente in rianimazione.

“Quelli che ho potuto curare li ho curati e nessuno è andato a finire in ospedale”.

L’ età media dei suoi pazienti colpiti dal Covid 19.

“Io curo soprattutto una popolazione anziana, però ho  dovuto assistere anche alcuni giovani.  Gestisco intorno ai 400-500  mutuati, inoltre avendo una attività privata  intorno a me gira una popolazione notevole, ho pazienti anche da Livorno, tanto per farle un esempio e  che io sappia  nessuno ha avuto problemi seri”.

Perché lei li ha curati subito?

“Sì,  li curo subito, sono un interventista”.

Va anche a domicilio?

“Quando serve certamente, con tutte le precauzioni possibili. Non si può rimanere chiusi nei propri ambulatori. Non si risolve nulla in quel modo”.

Dunque è una patologia che, con un intervento immediato, potrebbe venire risolta in modo meno drammatico e con minori ricadute sulle casse del Servizio Sanitario Nazionale.

“Il virus replica, continua a replicare, se non intervieni subito si aggrava, subentrano le infezioni batteriche perché, quando si abbassano le difese immunitarie, arrivano pure i batteri e a quel punto ci rimane solo la rianimazione, sperando che vada bene!”.

E infatti anche a Rieti almeno la metà di chi viene ricoverato in rianimazione muore, inclusi cinquantenni e sessantenni.

“Certo, in genere sono persone che hanno altre problematiche, ma è anche vero che se fossero state curate dall’inizio forse non sarebbero arrivate lì”.

 

Spesso le Asl (e il Ministero) chiudono il discorso con la frase ‘presenti altre comorbilità’, in realtà sono morti anche giovani sani, o persone affette da una unica  patologia, come ad esempio il diabete e con il diabete, curandosi, si può vivere fino a vecchi! E’ come se si dicesse ‘tanto dovevano morire’,  cosa ne pensa, dovevano morire?

“No. Sono morti perché siamo arrivati tardi, perché si perde tempo. Il virus esiste, circola, ma si può gestire”.

Quale è il ruolo dei  giovani in questa trasmissione.

“Adesso sono più i giovani a trasmetterlo perché si sono contaminati di più,  in estate ci siamo tutti rilassati, chi ha viaggiato, chi è andato in  discoteca, poi è inutile dire che la scuola non incida, i viaggi ammassati dentro le metropolitane e  i pulman sono un rischio oggettivo”.

Secondo lei da quando gira questo virus?

“Quando venne fuori questa storia, subito pensai  alle moltissime broncopolmoniti interstiziali curate nel 2019, non ho mai visto tanti casi di polmoniti come l’anno scorso. Sicuramente girava, già da tempo”.

Voi, come medici di base, foste allertati almeno sul fatto che poteva circolare un qualche virus pericoloso?

“No, io le ho trattate come broncopolmoniti normali”.

Da quanto tempo esercita questa professione?

“Mi sono laureato nel 1981 ed una situazione di questo tipo non l’ho mai vista. Adesso direi che l’emergenza è anche psichiatrica”.

Hanno tutti il terrore di infettarsi, perché sembra facile trasmettere questo coronavirus.

“Certo”.

Ma secondo lei è così facile prenderselo?

“No, se indossi la mascherina, ti lavi le mani, ti pulisci, disinfetti, è difficile, io conosco anche gente che si è ammalata e i familiari sono rimasti negativi. Dipende anche dalla carica virale, da quanto è grave il paziente,  gli asintomatici  possono contagiare ma se non hanno una carica forte è difficile, quello che può infettarti è soprattutto il sintomatico”.

Quindi, concludendo, una bella cura rinforzante, a base naturale, potrebbe aiutare.

“Come no! A base di echinacea, antibiotico naturale ed immunostimolante, di antivirali naturali, o usando prodotti omeopatici, ci sono tante possibilità, anche la papaja fermentata è ottima, qua a casa l’abbiamo fatta tutti e non si è  ammalato nessuno ed io ho una famiglia numerosa, siamo 4 figli, io, mia moglie, mia suocera”.

Se il sistema immunitario è forte è più difficile ammalarsi anche di Covid?

“Certo, è chiaro che se sei già immunodepresso sei più vulnerabile e questa depressione, che sta dilagando, non fa altro che abbassare le difese immunitarie. E’ vero che ci dobbiamo salvaguardare però stiamo andando anche contro la salute, l’ossigenazione ad esempio è fondamentale, se viviamo dentro casa, dobbiamo almeno ricordarci di cambiare l’aria continuamente negli ambienti. E’ fondamentale stare bene dal punto di vista psichico, perché il sistema immunitario risente molto del sistema neuroendocrino”.

Il saturimetro, consiglia di tenerlo a casa? E quando dobbiamo allarmarci, quando scende al di sotto del 90 % di saturazione?

“Certamente, meglio averlo a domicilio ma, ripeto, non bisogna attendere che scenda il valore dell’ossigenazione con la febbre alta in corso. Si è mai chiesta come mai personaggi come Trump e Berlusconi siano guariti subito, perché sono intervenuti subito”.

Alle Asl e alla Regione cosa consiglia perché si sblocchi questa situazione, perché si torni a visitare in sicurezza e a curare ‘subito’.

“Dovrebbero imporre ai medici di tornare sul territorio, curare le persone prima che vadano a finire in ospedale, che nessuno curi e visiti più non ha senso, se non ascolti i polmoni come fai a dire che il paziente ha la polmonite. Con le dovute precauzioni, se hai scelto questo lavoro ti prendi gli oneri e i piaceri. Io faccio il mio lavoro senza che me lo impongano e questo dovrebbero farlo tutti”.

In tal modo si eviterebbero molte ospedalizzazioni che poi a Rieti gli stessi medici ed infermieri si stanno infettando.

“Esatto e  si sono ammalati all’interno dell’Ospedale. Speriamo che qualcosa si trovi, presto, un farmaco, più che al vaccino credo al discorso degli anticorpi monoclonali. Perché poi molta  gente non se li vuol fare i vaccini e per raggiungere una immunità di gregge devi sottoporre a vaccinazione almeno il 70 % della popolazione”.

Author: redazione