di Andrea Moiani
Legalità, storia e memoria. L’evento “LINEAMENTI”, svoltosi venerdì 7 ottobre nella Biblioteca Comunale “Peppino Impastato” di Poggio Mirteto ruota attorno a questi tre profondissimi concetti i quali intrecciandosi compongono un filo rosso che unisce due personaggi chiave della storia italiana: Aldo Moro e Peppino Impastato. I due sono anche uniti da un tragico destino essendo stati uccisi entrambi il 9 maggio 1978.
Organizzato dal Teatro delle Condizioni Avverse di Montopoli in Sabina e finanziato dalla Regione Lazio grazie al bando “Sostegno Comunità Giovanili” con il patrocinio del Comune di Poggio Mirteto “LINEAMENTI” è un progetto indirizzato alle tematiche di legalità, integrazione e lotta alla mafia e al terrorismo.
Ospite d’eccezione dell’incontro del 7 ottobre è stata la giornalista Maria Agnese Moro, figlia del celebre statista più volte presidente del Consiglio e ministro, oltre che segretario e presidente della Democrazia Cristiana. Al suo fianco la professoressa dell’UNITUS Ilenia Imperi e la direttrice dell’Istituto Flamigni Ilaria Moroni. Al termine dell’evento è seguito lo spettacolo “Ajio Ojio e Petrolio. L’Italia dal ‘68 al ‘75 vista attraverso gli occhi di un oste comunista” di Aldo Milea e Marco Marsili, che rievoca il clima e ripercorre le vicende di quel denso e ancora oscuro periodo storico che va dalla Battaglia di Valle Giulia all’omicidio di Pier Paolo Pasolini.
Difficile riuscire a riassumere in poche parole le parole di Maria Agnese Moro, che nel suo lungo discorso ha rievocato suo padre, soffermandosi sull’Aldo Moro padre e sull’Aldo Moro giurista prima e costituente poi. Un Aldo Moro che fu padre assente per via dei diversi impegni ma, allo stesso tempo, molto tenero e attento nei confronti della famiglia. Nei racconti di sua figlia, Aldo Moro lottò tutta la sua vita per raggiungere l’unità, ma questo progetto fu interrotto bruscamente il 16 marzo 1978, giorno in cui fu rapito dalle Brigate Rosse che lo uccideranno dopo 55 giorni. Con amarezza, Agnese Moro ricorda anche di come egli fu di fatto abbandonato da gran parte della classe politica italiana, ad eccezione di pochi tra i quali Bettino Craxi e Marco Pannella. Ciò che emerge in particolare nelle parole di Maria Agnese Moro è il destino che spetta a chi, come suo padre, fu vittima della violenza. «Una delle cose più brutte non è solo il fatto che quella persona colpita non respira più, ma che tutta la sua vita va perduta: quella persona diventa una vittima, un caso giudiziario, un corpo morto. Tutto quello che lui è stato e che tutto ciò che ha cercato di costruire scompare risucchiato dal tipo di morte. Questo vale per lui, ma per chiunque sia stato colpito dalla violenza. Questo almeno se non c’è qualcuno che si impegna a conservare la memoria di quella vita. Conservare le vite è importante perché esse sono piene di emozioni, insegnamenti ed entusiasmi che passano e di cose brutte che ci servono.
A tal fine opera l’Archivio Flamigni, con la creazione del portale “Rete degli archivi per non dimenticare” volto a raccogliere elementi utili a conoscere ed approfondire la storia del terrorismo e delle stragi, come ha spiegato la direttrice Ilaria Moroni, in modo che le vittime delle violenze non vengano ricordate solo tramite le immagini che sono rimaste impresse attraverso i media, ma anche attraverso fonti audiovisive e documenti che percorrono tutto l’arco della loro vita. Fa quindi in modo che la loro vita non si riduca ad un singolo fotogramma. È il destino che è spettato alla cosiddetta “scorta di Moro”, dicitura che nasconde i nomi dei suoi componenti: Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Nomi e vite da conoscere prima e ricordare poi.
Nato nel 2016, il Fondo Aldo Moro contiene più di 17000 foto, documenti e lettere digitalizzati che coprono tutta la vita del politico democristiano, soprattutto quelle riguardanti la vita pre-politica, cercando di annullare quelle che per 40 anni sono state solo immagini della sua morte. Una morte che è rimasta impressa per molti anche per via dei notiziari di quei giorni, come quello di Bruno Vespa di quel lontano 16 marzo. Nel suo intervento la professoressa Ilenia Imperi parla proprio di come i media vissero e raccontarono quei giorni. Un lavoro meticoloso, quello della Imperi, frutto dello studio di notiziari dei 55 giorni che ha analizzato le modalità del racconto delle trattative, delle reazioni politiche e delle ansie di un Paese intero.
L’incontro ha visto la partecipazione di moltissimi cittadini. Tra i presenti anche il sindaco della Città di Poggio Mirteto Giancarlo Micarelli, l’assessore alla Cultura di Poggio Mirteto Cristina Rinaldi e Tiziana Concina in rappresentanza del Comune di Montopoli in Sabina.
Per Lidia Di Girolamo, vice-presidente del Teatro delle Condizioni Avverse: «Aver invitato la signora Moro è uno degli eventi più importanti del progetto “LINEAMENTI”, dedicato a una serie di tematiche che ci sono molto a cuore e che riguardano la lotta alla mafia, legalità, integrazione e il senso della politica presente in ognuno di noi. Abbiamo deciso di invitarla in biblioteca in quanto essa è dedicata a Peppino Impastato che, come Aldo Moro, iniziò un processo di verità interiore nel proprio ambito. Verità che poi doveva essere mandata avanti qualsiasi cosa succedesse. Aldo moro si prospetta come una di quelle figure che ha rappresentato l’idea di portare avanti una propria verità interiore in qualsiasi modo possibile con tutta la bontà, la generosità e la vocazione che aveva dentro di sé.»
Per le foto si ringrazia il Teatro delle Condizioni Avverse, in particolare nella figura di Francesco Galli.